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Cartina Kenya

Nome ufficiale:

Republic of Kenya

Ordinamento politico:

Repubblica

Governo attuale:

Mwai Kibaki, presidente eletto dal 27 dic. 2002

Capitale:

Nairobi

Superficie:

580.370 Kmq

Popolazione:

32.000.000 abitanti

Densità:

54,3 ab./Kmq

Crescita demografica annua:

1,81%

Lingua:

Inglese, swahili, kikuyu, luo

Religione:

Cristiana, animista, musulmana

Popolazione urbana:

38,2%

Alfabetizzazione:

84,3% (90% maschi; 78,5% femmine)

Mortalità infantile:

7,7%

Aspettativa di vita:

45 anni

Tasso HIV/AIDS:

6,7%

Indice sviluppo umano:

0.488 – 148esimo su 177 stati

Moneta:

Scellino kenyano

PIL:

13.800 milioni USD

Ripartizione PIL:

Agricoltura 16%; Industria 19,3%; Terziario 64,7%

Crescita economica (2004):

2,2%

Reddito nazionale lordo per ab.:

400 USD/ab.

Pop. sotto soglia povertà:

50%

Inflazione:

9,8%

Esportazioni:

2.411 milioni USD

Importazioni:

3.725 milioni USD

Principali risorse economiche:

Caffè, te, legno, turismo

Spese militari:

177,1 milioni USD (1,28% del PIL)

GEOGRAFIA

Situato nell’Africa orientale nei pressi dell’Equatore, il Kenya confina a nord con Etiopia e Sudan, a sud con la Tanzania, a ovest con l’Uganda mentre a est è bagnato dall’Oceano Indiano. L’ambiente del paese è piuttosto variegato, con le pianure costiere che si contrappongono alle zone semidesertiche nord-orientali e ai rilievi delle Highlands nella parte occidentale.

I tre maggiori bacini idrici sono costituiti dai laghi Vittoria e Rudolf, situati nella parte occidentale del paese, e dal fiume Tama che sfocia a estuario nell’oceano. I terreni più fertili si trovano in prossimità dei tre bacini.

Il clima del Kenya riflette la diversità ambientale e varia molto da zona a zona: il clima più mite si riscontra nella Great Rift Valley, la vasta depressione che caratterizza il paese, mentre nelle zone semidesertiche le temperature arrivano fino ai 40 gradi con marcate escursioni termiche tra il giorno e la notte.

STORIA

Occupate dai sultanati arabi fino al XVI secolo, nel ‘500 le coste keniane si trovano a dover affrontare l’attacco dei portoghesi che mirano a impadronirsi del commercio tra l’Europa e l’Oceano Indiano. La lotta tra Lisbona e gli Arabi, che si protrarrà fino al ‘700 inoltrato, segnerà il declino dei porti keniani fino all’avvento dei colonialisti inglesi, alla fine del XIX secolo.

Approfittando dell’indebolimento delle tribù Masai e Kikuyu gli Inglesi si impossessano del territorio keniano con il pretesto della costruzione di alcune ferrovie di collegamento verso l’Uganda e vi impiantano fiorenti piantagioni di te e caffè. Il dominio inglese durerà fino al 1963, passando per la repressione della ribellione Mau Mau sconfitta definitivamente nel 1956.

Nel dicembre 1963 il Kenya diviene indipendente sotto Jomo Kenyatta, primo presidente e leader dell’unico partito del paese fino al 1992, il Kanu (Kenya African National Union). Durante la presidenza di Kenyatta il paese conosce uno sviluppo e una stabilità invidiabili se comparati con il resto del continente. Il padre dell’indipendenza muore nel 1978, lasciando le redini del potere a Daniel Arap Moi.

La differenza tra il nuovo e il vecchio regime è evidente: Arap Moi si fa subito conoscere per la corruzione dilagante, per la crisi economica e la sistematica (anche se non sanguinosa) repressione del dissenso che porta a un tentativo di colpo di stato nel 1982 orchestrato dalla Kenyan Air Force. Il malgoverno di Arap Moi costringe la comunità internazionale a intervenire e a fare pressioni sul presidente per la nascita di un vero sistema democratico: Arap Moi cede solo all’inizio degli anni ’90 dichiarando legale il multipartitismo, ma le elezioni del 1993 sono vinte dal presidente uscente a causa delle divisioni decisive nell’opposizione. Stesso discorso nel 1997, quando Arap Moi verrà rieletto con appena il 40% delle preferenze anche se con forti sospetti di brogli a suo favore.

La siccità che colpisce il paese negli anni 1999-2000 e gli attacchi terroristici all’ambasciata americana nel 1998 e a un hotel di Mombasa nel novembre 2002 segnano la fine di Arap Moi, che un mese dopo assiste alla sconfitta del suo delfino Uhuru Kenyatta (figlio di Jomo) a favore di Mwai Kibaki, sostenuto dalla coalizione di opposizione Narc (National Rainbow Coalition). Il nuovo presidente viene eletto sulla base di un programma elettorale che promette una nuova Costituzione più democratica, la lotta alla corruzione e un migliore accesso ai servizi di base. A 5 anni dalla sua elezione solo parte del programma è stato rispettato.

POLITICA

La lotta alla corruzione domina ancora lo scenario politico del paese: dopo aver creato la Kacc (Kenyan Anti Corruption Commission) Kibaki ha dovuto subire il contraccolpo delle dimissioni del suo presidente, John Githongo, nel febbraio del 2005, cosa che ha provocato non poche tensioni nei rapporti con i paesi donatori. La lotta alla corruzione è ancora un’incognita, visti i segnali contrastanti che vengono dai processi contro alcune grandi compagnie straniere accusate di aver lucrato sui servizi resi al governo keniano e dalle accuse provenienti dalla comunità internazionale contro un’amministrazione che ancora non avrebbe fatto abbastanza. In effetti Transparency International colloca il paese al 29esimo posto su 35 tra i paesi africani più corrotti, e al 129esimo su 145 a livello mondiale. All’inizio del 2006 poi una serie di scandali finanziari, sollevati dallo stesso Githongo, hanno investito l’attuale governo, costringendo alle dimissioni alcuni ministri. Un brutto colpo per un presidente che ha fatto della lotta alla corruzione il cavallo di battaglia dell’ultima campagna elettorale.

Nel novembre 2005 la popolazione ha respinto in massa (con il 58% di “No”) tramite un referendum il progetto di una nuova Costituzione, varata dai collaboratori del presidente Kibaki. La nuova carta costituzionale avrebbe previsto tra le altre cose un primo ministro che avrebbe ridotto i poteri del capo dello stato, una riforma agraria e maggiori diritti alle donne. Il voto contrario è stato interpretato come una severa bocciatura per la politica del presidente in vista delle elezioni del 2007.

SOCIETA’

Le condizioni di vita della popolazione stanno lentamente migliorando grazie all’impegno della nuova amministrazione: nonostante la metà della popolazione viva ancora sotto la soglia di povertà, negli ultimi anni il governo si è impegnato in una politica che ha portato a garantire l’educazione primaria gratuita e un minimo di copertura sociale e sanitaria a tutti. Programmi ambiziosi che hanno incontrato parecchie difficoltà nell’applicazione, ma che sul lungo periodo potranno rivelarsi decisivi per lo sviluppo del paese. L’aspettativa di vita continua a essere piuttosto bassa, appena 45 anni, mentre quasi il 7% della popolazione è affetto da Hiv.

L’amministrazione dovrà anche affrontare le dispute per l’accesso all’acqua e alla terra che negli ultimi mesi hanno creato non pochi problemi tra le comunità agricole e quelle pastorali: nel 2004-5 si sono registrati numerosi scontri che hanno provocato decine di vittime. Anche la riforma agraria dovrà essere affrontata a breve.

ECONOMIA

Sebbene inferiore alla media regionale, la crescita economica del Kenya continua a essere costante: nel 2005 dovrebbe attestarsi attorno al 2,2%, grazie anche alla ripresa del turismo dopo il crollo delle visite seguito agli attentati terroristici degli ultimi anni. L’amministrazione Usa continua però a sconsigliare ai propri concittadini di andare nel paese. Il Kenya continua a soffrire per la corruzione endemica che inevitabilmente non incoraggia gli investimenti e che porta le grandi istituzioni finanziarie a sospendere periodicamente l’assistenza al paese.

Le esportazioni continuano comunque a crescere, anche se quelle alimentari hanno risentito della siccità di 4 anni fa. L’inflazione rimane su livelli preoccupanti, vicini al 10%, anche a causa dell’aumento del prezzo del petrolio da cui l’economia keniana è dipendente.

MASS MEDIA

La stampa keniana è stata sempre considerata una tra le più libere del continente. Non è un caso che alcuni dei più grandi scandali finanziari degli ultimi anni, che hanno portato all’apertura di numerosi processi, siano venuti fuori proprio grazie all’interessamento dei mezzi di informazione. Proprio per questo ha suscitato scandalo il trattamento riservato al quotidiano Eastandard, che indaga sugli scandali di corruzione: nel febbraio 2006 un’irruzione nella sede del giornale, condotta dalle forze speciali di polizia, è stata vista come una chiara minaccia contro la libertà di stampa, ed è stata seguita da numerose manifestazioni di protesta nei giorni successivi. Il gesto ha suscitato la condanna della comunità internazionale e ha messo in serio imbarazzo il presidente Kibaki.


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