Lettere di Monica Puto dal Nord Uganda
“…riusciremmo mai noi bianchi a vederci chiaro sulle questioni d’ Africa?
Me lo chiedo ogni volta che vado in città a Gulu e vedo centinaia di auto delle Ong sfrecciare da una parte all’altra inseguendo progetti, distribuzioni, raccolta dati sulle sfortune altrui…
Lo chiedo a me stessa ogni volta che decido di ” fare” qualcosa, ogni volta che ” penso” che si potrebbe intervenire in quel modo piuttosto che un altro.
Appeso in cucina a Gulu c’è un bellissimo poster che raffigura una scimmia in smoking, a tavola, che gusta il suo pasto, e la didascalia dice:
“…Tu sei qui con una soluzione o sei parte del problema..?.”
Ci ho pensato tanto…e devo dire che in me è più forte la sensazione di essere parte del problema più che sentirmi portatrice di soluzioni.
A vederci ben chiaro è difficile arrivare in un paese sconosciuto, senza conoscerne lingua e cultura e in poco tempo pensare già di sapere ciò che è bene fare o meno. A vederci chiaro è quasi impossibile sentire le ferite della guerra su una pelle che la guerra non l’ ha mai vissuta, ma essere sempre pronti con test e “progetti di recupero”.
A vederci chiaro, l’uomo bianco ha insito, fosse anche nell’angolo più profondo del suo cuore, la sensazione di essere un “tantino” più avanti di chi ha la pelle di un altro colore…
Pensate non sia così?!…forse, ma io non capisco allora come mai tutti i progetti dei bianchi prevedano una spesa enorme sulla” formazione” del personale locale e, nella maggior parte dei casi, si “forma” forse solo il 10% come i ” bianchi” vorrebbero.
Dopo una o più settimane di formazione, lontano da casa, in genere c’è un periodo di ” prova” , variabile da alcune settimane a mesi, in cui non si prende lo stipendio, ma degli incentivi tipo la bicicletta…. visto che per lavorare ti devi fare magari decine di km…In tutto questo tempo non riesci ad andare a zappare il tuo campo, non riesci a lavorare per rifarti la capanna nel villaggio originale e aspetti, sperando di essere assunto…
Se avrai la fortuna di essere preso a lavorare per i ” muni ” ( bianchi) potrai, a cavallo della tua bicicletta, continuare a macinare km, con uno stipendio non molto cospicuo alla fine del mese …
Certe volte , tra lo stupore dei tuoi “datori di lavoro” , non ti presenterai all’ufficio o non completerai la consegna che ti è stata data, ma sarà possibile vederti scalzo o pieno di fango trasportare l’erba per il tetto della tua nuova capanna, o zappare a 8 km. dal campo dove vivi… perché i bianchi, che pensano di aver trovato la soluzione migliore per te e per le loro attività, si sono ” dimenticati” che la tua vita deve continuare a fare il suo corso, rispettando le sue regole, i suoi tempi…perché c’è un tempo per l’aratura, la semina , la raccolta…c’è un tempo che è quello dell’uomo africano ed è inutile convincerlo che la ” sensibilizzazione ” per l’ HIV o per come lavarsi le mani dopo essere andato a defecare siano più importanti del suo campo di manioca o di fagioli.
Certo, hai seguito il “corso di formazione”..forse perché lo facevano nella stagione secca, quando non avevi nulla da fare se non aspettare che arrivasse la pioggia a calmare la sete della terra, o forse perché la possibilità di un guadagno attira sempre tutti e quindi ci hai provato anche tu…
A vederci chiaro per noi bianchi non è mai chiaro quasi niente, al contrario di te che “padrone del tempo” gestisci la tua giornata a seconda del tuo bisogno e non secondo ciò che dovrebbe essere logico per i “muni.”
Forse avremmo tutti bisogno di altri occhi, che guardino al cuore dell’uomo e non alla complessità del sistema, che colgano il dolore dell’altro e consolino con quell’umiltà che serve a dire che mai potremmo capire la sofferenza altrui se prima di progettare non ‘amiamo’”.
Monica Puto – responsabile Operazione Colomba Nord Uganda