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Testimonianza Nicolò e Giorgia

UMILTA’, SOBRIETA’,  CONDIVISIONE – Nairobi (Kenya), Gennaio 2010

Ripenso al nostro arrivo, mio e di Giorgia, a Nairobi. Andrea è venuto a prenderci in taxi, e per tutto il viaggio i miei occhi scrutavano tutto quello che vedevo per strada, per provare a capire la realtà in cui stavamo entrando per tre settimane.

La mia mente era ovviamente piena di preoccupazioni su cosa avrei trovato a Soweto, piena di paure su che impatto emotivo avrebbero potuto avere su di me la baraccopoli e la povertà in carne ed ossa. Arriviamo al Social Center alle 9 e 30 di mattina, non siamo ancora entrati che mi trovo addosso 5 bambini che mi salutano, mi abbracciano, sono contenti di vedermi. Sono Abi, Gideon, Diana, Purity, Rosemary, i piccoli che vivono nella casa famiglia con Andrea e Federica, insieme anche ad altri ragazzi più grandi (Wamboy, Edith, Imma, Lucy, Chege, Maina, Mwai). E’ incredibile, mi sento subito sereno. Ben accolto. Si va tutti insieme a messa, nella chiesa di Soweto. Vedo e sento per la prima volta la baraccopoli: l’avevo vista in foto, tante volte. Ma non avevo sentito l’odore. Non descrivibile a parole. Mi chiedo come l’uomo possa vivere in un villaggio-porcile. E’ sconvolgente. Ma entrando in chiesa, noto la grande dignità della gente, vestita del vestito della domenica, della festa. La messa è dominata da canti e balli. Percepisco la gioia di essere insieme. La gente non ha praticamente nulla, ma mentre cantano e ballano li vedi contenti. In quel momento mi sembra di non aver nulla in più di loro. Tutti i bimbi mi guardano, mi toccano, mi abbracciano: per loro sono un MUSUNGU, l’uomo bianco.  Sono belli. Sono curiosi. Sono svegli. Vivono e crescono insieme agli altri bambini, sempre. Imparano a parlare prima dei bimbi europei, anche a camminare. Ricevono continui impulsi guardando i bimbi più grandi ed anche gli adulti, e provano ad imitarli. Li vedi, fuori dalla chiesa, impazzire dal divertimento, improvvisando un treno umano fatto di bimbi. Li vedi inventarsi giochi con qualsiasi cosa trovata per strada. I bimbi in Italia si stancano  giorno dopo giorno di giocattoli industriali, che gli vengono continuamente regalati. I nostri bimbi non sono abituati  a stare all’aperto, ed hanno quasi paura di socializzare, abituati come sono a stare chiusi in casa, a volta senza neanche un fratello. Qui ti abbracciano. Qui i bimbi della casa famiglia mi hanno accompagnato in giro per la casa, facendomi vedere le stanze e spiegandomi tutto. L’ingiustizia è pensare al loro futuro, ad un inevitabile appiattimento con cui si scontreranno. In questo paese povero senza prospettive per gli africani. La Comunità Papa Giovanni XXIII qui a Soweto ha un ruolo essenziale. Ha la funzione dello Stato. Purtroppo però la gente qua pretende i servizi come se fossero dovuti. Ma la cosa bella è che alcuni progetti (Mamma-bambino; recupero ragazzi di strada…) funzionano!! Ho incontrato i ragazzi di strada, abbandonati dai genitori, in un quartiere disagiato vicino a Soweto.

Ragazzini dai 7 ai 15 anni con lo sguardo spento dall’uso della colla, una droga di qualità bassissima, che già dalla prima assunzione crea danni celebrali. Mi sono chiesto che senso possa avere tutto questo, ho avuto momenti di sconforto. Mi sono scontrato anche con la mia impotenza di fronte a certe situazioni. Ma, passato lo sconforto, è importante pensare che alcuni di questi bambini vengono tolti dalla strada dai ragazzi dello “Shamba”. Lasciarsi poi contagiare dall’allegria e dal sorriso di questi bambini è un’esperienza incredibile.

Ora, tornato in Italia, il mio pensiero torna continuamente a queste tre settimane trascorse in Africa, e non riesco a capire se la mia presenza là sia stata utile o importante per qualcuno. Quello che è certo è quanto la gente di Soweto, i bimbi, i ragazzi della Comunita’ siano riusciti a regalarmi, anche se in così poco tempo:  mi hanno fatto riscoprire quali sono i bisogni primari e cosa significa essere veramente in difficoltà; hanno rivoluzionato il mio approccio con la mia quotidianità, che non può non tenere conto che l’Africa esiste. Mi hanno consentito di capire profondamente il significato delle parole UMILTA’, SOBRIETA’, CONDIVISIONE.

Baraccopoli di Soweto – Nairobi (kenya)

Febbraio 2010 – Nicolò

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