SE VAI IN AFRICA SEI UN PAZZO O UN EROE!
Se vai in Africa per la gente del tuo paese sei un pazzo o un eroe!
L’Africa è così distante, quasi un mondo a parte (o almeno così ci fanno credere), con i suoi problemi, i suoi ritmi, che non ci toccano, non ci riguardano.
Invece una volta scesi dall’aereo bastano pochi minuti perché il proprio punto di vista si capovolga, pochi minuti perchè quel mondo, che prima ti sembrava così distante, così irraggiungibile si trasformi nella tua vita: la casa, le strade. gli amici, i luoghi dove darsi appuntamento, che ti ospiteranno in quei 20 giorni. Capisci che le distanze di spazio e tempo sono solo una scusa, una grande scusa per giustificare la nostra indifferenza.
Non potremo mai dire “ abbiamo visto l’Africa”!
No, abbiamo attraversato il traffico infernale di Lusaka e assaporato la pace del Cicetekelo alla periferia di Ndola; abbiamo conosciuto due fisioterapisti che ogni mattina si occupavano dei bimbi disabili nella Comunity School di Kanyama e abbiamo partecipato addirittura alle loro lezioni di primo soccorso!
Per la prima volta abbiamo finalmente capito cosa significa “compound” perché ne abbiamo attraversati tanti, a piedi, sotto il sole, accolte dalle grida festose dei bambini che ci urlavano “Musungu” o dai pianti di qualche bambino impaurito; molto spesso imbarazzate dall’ accoglienza esagerata delle donne che ci attendevano davanti ai centri nutrizionali, con le loro danze e la loro contagiosa allegria!.
Ci siamo rese conto di come in pochi km si passi dalla città alle comunità dei compound, dalla speranza all’alcool, dal matrimonio del principe William in tv ai neonati malnutriti che rischiano di morire.
Abbiamo conosciuto i ragazzi del Cicetekelo, ascoltato i sogni di quelli che da poco avevano abbandonato la vita sulla strada per essere accolti nell’ Ucc; abbiamo ballato e cantato con i più grandi, li abbiamo visti giocare a calcio il sabato pomeriggio e con loro abbiamo festeggiato la messa di Pasqua.
Grazie al piccolo Gabri, a Stefano, Gloria, Giulia, che ci hanno accolto per 15 giorni nella loro comunità, con le altre volontarie della Papa Giovanni XXIII, abbiamo vissuto la condivisione, l’armonia e la gioia della vera famiglia!!
Questa, e non solo, è stata la nostra Africa, un piccolo puntino nel cuore di un Africa così grande e variegata!!
L’Africa era sempre stata un sogno, una meta da raggiungere, un territorio da conoscere e invece solo ora mi rendo conto che l’Africa è una parte di noi, della nostra stessa terra, della nostra stessa vita! Camminando per la spiaggia, adesso non vedo neri e bianchi: è difficile da spiegare, ma la mia mente non separa più. Forse era necessario provare a sentirsi una “musungu” in una terra di neri per cambiare la prospettiva delle cose? Forse per non parlare di “altri”, di un Africa distante, ma di “fratelli”, c’è bisogno di dare un volto e un nome alle persone, di conoscere le loro storie, la loro vita?!
Se guardassimo oltre e ci rendessimo conto che casa nostra non è il nostro paese, la nostra città, ma la nostra Terra allora l’Africa non sarebbe più un viaggio da pazzi o da eroi; la parola “globalizzazione” acquisterebbe un nuovo significato: unire il mondo con obiettivi comuni per raggiungere il bene di tutti non sarebbe più un’utopia, ma un valore che ognuno può coltivare dentro di se, anche senza andare in Africa, ma partendo dal proprio progetto di vita!
Elisa e Francesca, Ndola (Marzo 2011)