“Le voci, i volti e le storie dei protagonisti delle manifestazioni che nel Gennaio 2010 in un piccolo paese della Calabria, Rosarno, hanno portato alla luce le condizioni di degrado e ingiustizia di migliaia di braccianti africani.
Dagli anni ’90 in Italia, in particolare in alcune aree del Sud con forte presenza di organizzazioni mafiose, migliaia di immigrati africani e dell’est Europa sono sfruttati nell’agricoltura senza alcun tipo di diritto e in condizioni di vita intollerabili. A Rosarno in particolare, dove il potere della ‘Ndrangheta è cresciuto moltissimo negli ultimi anni fino a portare al commissariamento per mafia del Comune, gli immigrati sfruttati nella raccolta delle arance sono anche oggetto di intimidazioni e minacce da parte di piccole bande di stampo mafioso. Per oltre dieci anni, come ben racconta nel film Giuseppe Lavorato, ultimo sindaco di Rosarno che tentò di opporsi al potere della ‘Ndrangheta, gli immigrati africani hanno cercato di denunciare pacificamente questa situazione. Il 7 gennaio 2010, dopo l’ennesimo episodio di violenza contro quattro di loro, hanno deciso di far esplodere la rabbia e hanno dato vita ad una manifestazione molto forte, durante la quale vi sono stati anche episodi di saccheggio e distruzione. Così in quelle ore l’Italia si è accorta di loro, ne ha preso paura e ha reagito con violenza: il Governo Berlusconi, per voce dei Ministri dell’Interno e della Difesa, ha dichiarato che quelle manifestazioni erano frutto di “eccessiva tolleranza nei confronti dell’immigrazione clandestina” e ha ordinato l’espulsione di tutti gli immigrati da Rosarno. Nel frattempo nella regione si stava scatenando una vera e proprio caccia al nero da parte di cittadini italiani, probabilmente organizzati dai locali poteri mafiosi. In poche ore Rosarno è stata “sgomberata” e il problema “risolto”: in televisione la classe politica, al fine di mietere consenso nell’opinione pubblica impaurita, ha raccontato che in quel modo era stata riportata la legalità e che gli immigrati sprovvisti di documenti sarebbero stati velocemente espulsi dall’Italia. Così non è stato. Nei giorni successivi è calato il silenzio sulla vicenda, ma quasi tutti gli immigrati di Rosarno sono stati rilasciati e abbandonati a sé stessi in giro per l’Italia: da Caserta a Roma, da Napoli a Castelvolturno, mentre alcuni hanno addirittura deciso di tornare di nascosto negli aranceti di Rosarno. E’ in questi luoghi di fuga che, pochi giorni dopo le manifestazioni, abbiamo incontrato 7 protagonisti di queste vicende, chiedendo a loro di raccontare non solo cosa fosse successo, ma come fosse la loro vita in Italia. Ne è nato un racconto in prima persona che, alternato alla memoria storica rappresentata dalle ricostruzioni di Giuseppe Lavorato e dalle immagini di documentari sul lavoro di contadini italiani nel Meridione degli anni’60, riporta al centro dell’attenzione la dignità e il coraggio di centinaia di ragazzi, che dalle loro terre di origine si sono messi in viaggio per salvare o cambiare la loro vita.”