Difficile scrivere di questa esperienza. La Tanzania ha significato “casa” per un anno intero della mia vita, e ora raccontare quello che è stato è davvero complicato.
È per questo che a chi mi chiede: “come è andata?” non so mai come rispondere. Non si possono riassumere 11 mesi di vita in Africa in una risposta sola.
Sarebbero da raccontare tutte le esperienze vissute, le soddisfazioni e le frustrazioni, gli sforzi per avvicinare la mia mente al mondo africano.
Sarebbero da raccontare tutte quelle piccole/grandi storie di persone che ho incontrato, e che ora sono un pezzo della mia storia.
Sarebbero da raccontare gli abbracci e i sorrisi dei bambini del SAMBAMBA e KIPEPEO, la bellezza delle loro mamme.
Sarebbero da raccontare i paesaggi, i tramonti, la natura incontaminata che mi ha circondata.
Sarebbe da raccontare tutto questo, ma a chi ti chiede “come è andata?” , a volte solo per cortesia, senza reale interesse ad andare a fondo, rispondo con un: “bene”, tanto riduttivo e banale.
Perchè alla fine è quella la risposta vera: nonostante tutte le difficoltà incontrate a Iringa, i momenti in cui vorresti tanto essere a casa tua, quella in Italia, ora che ci sei la mente torna là di continuo.
Mi sembra ieri che son partita e poi penso che mi sembra di essere stata via una vita.
Ripenso agli ultimi giorni al SAMBAMBA. I bambini cantano, si divertono come al solito. E tu invece hai un mezzo nodo alla gola. Un mezzo nodo al pensiero di cosa sarà di loro. Ma è già ora di fare le valigie e tornare a casa…
Un giorno una signora che ho conosciuto, con anni di esperienza in Africa alle spalle, mi ha detto: ora devi pensare con che valigia torni a casa.
Ecco, io credo che avrò ancora bisogno di un po’ di tempo per assorbine appieno questa esperienza, ma sicuramente la mia valigia ora è molto più pesante.
Elisa Caiterzi – volontaria in servizio civile (Tanzania)
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