Articolo di Francesco volontario in servizio civile in Kenya
Ed eccoci di nuovo qua, a provare a mettere su di un foglio ciò che è la mia esperienza di tutti i giorni qua a Kenya. Sapete, per me è sempre complicato iniziare a scrivere, un po’ perché non mi considero un grande scrittore, un po’ perché quella che sto vivendo in questo momento qua in Kenya è diventata la mia quotidianità e fermarsi per trovare qualcosa nella propria quotidianità che sia degno di essere scritto è sempre difficile, almeno per me.
Ma comunque, eccoci qua!
Questa volta ho deciso di parlare della strada, o per meglio dire, della strada di casa, Kamuthi road.
Ho scelto di parlare di questa strada, non perché sia fatta in terra battuta, con dossi costruiti dalla gente del posto con terra e sassi, dove spesso le macchine raschiano il fondo passandoci sopra e sempre più sporca di quanto ci si aspetta.
Ho scelto di parlare di Kamuthi perché qua la strada è viva, animata dalle persone.
Un po’ come un uomo si sveglia al mattino, la strada si sveglia alle 6-6 e 30, quando il sole sorge e i primi ragazzi escono di casa per avviarsi a piedi verso la scuola, tutti assonnati, con le divise rattoppate, più o meno pulite e un po’ disordinate. Da lì in avanti, fino a metà mattina, la strada inizia a riempirsi di persone, i genitori dei bambini iniziano ad avviarsi verso il luogo di lavoro o aprono le loro attività.
Si iniziano a sentire arrivare e passare i primi Piki-Piki, moto che definirei “da trasporto”, in quanto hanno una lunga sella e sono pensate apposta per caricare qualunque cosa, da un passeggero a un divano. Alcuni portano qualcuno al lavoro, altri verso il lavoro ci vanno, altri ancora si fermano al bordo della strada, più o meno riconosciuto come ritrovo, aspettando che qualche passante abbia bisogno di essere portato velocemente a destinazione o che qualche chiamata per un lavoro arrivi.
Assieme ai piki piki, si inizia a vedere del movimento dentro all’hotel, questa parola qua infatti rappresenta una baracca nella quale diverse donne iniziano a cucinare, chi per colazione chi per pranzo, varie pietanze. Nella mattinata è facile trovare i “Mandazi”, delle specie di frittelle triangolari buonissime e il chai, ossia il the con il latte che qua tutti hanno e bevono.
Anche i negozietti di verdura sulla strada iniziano ad esporre le loro merci, pronte per essere vendute al primo acquirente che necessiti di pomodori, banane o qualche verdura tipica.
La giornata poi prosegue, la strada continua ad essere vissuta dalle persone, chi passandoci sopra, spesso a piedi, chi sedendosi e aspettando, ognuna con una motivazione, con un obbiettivo, che sia anche solo quello di passare il tempo.
Nel pomeriggio, intorno alle 4 e 30, si iniziano a vedere i primi bambini tornare da scuola, a gruppi di 3-4 amici.
Contemporaneamente, o forse proprio perché i ragazzi iniziano ad uscire da scuola, aprono altre bancarelle, che vendono “snacks” da mangiare per strada, patate fritte o samosa, triangoli ripieni sia con verdure che con carne e fritti, dove ogni volta che esco al pomeriggio mi fermo, un po’ per far girare l’economia locale, un po’ perché a me le cose fritte mi piacciono, veramente tanto.
Dopo poco i bambini, una volta passati da casa e cambiata la divisa, escono nuovamente in strada ed iniziano a giocare assieme, chi facendo girare un copertone di una moto con la mano, chi un tappo di un bidone di vernice con un bastone di alluminio, chi con le pietre che si trovano ai lati della strada, chi semplicemente tra loro, con piccoli giochini o tappi di bottiglie.
Arrivati alle 18 e 45 il sole inizia a tramontare e assieme ad esso pian piano tutte le persone che hanno dato vita alla strada si ritirano in casa, a partire dai bambini, facendo sì che se si torna a casa a piedi alle nove di sera si incontrano davvero poche persone in giro, a volte giusto un ragazzo con la moto, ancora in attesa dell’ultimo passeggero, prima di tornare a casa.
Francesco Carroli, volontario in Africa (servizio civile nello slum di Soweto in Kenya)
SERVIZIO CIVILE CON L’AFRICA CHIAMA