Articolo di Ylenia, volontaria in Servizio Civile in Zambia
Una giornata magica: la prima gita scolastica con i nostri studenti delle classi speciali. Ricordo che le settimane precedenti sono state un vortice di emozioni, tra la sensazione di poter organizzare qualcosa di davvero unico per i nostri studenti e la paura che qualcosa potesse andare storto.
Il primo passo è stato quello di fare un meeting con gli special teachers per organizzare la gita al meglio ed insieme. Essi hanno deciso di collaborare fin da subito con idee e condividendo quelle che sono le esigenze specifiche di ogni loro alunno. Nella Special Unit della Shalom School ci sono circa 40 bambini con diversi tipi di disabilità: fisica, uditiva e intellettiva. Conoscere quelli che sono i bisogni individuali di ciascuno di loro ci ha permesso di entrare maggiormente in confidenza con essi, partendo dal presupposto che ogni bambino merita l’opportunità di essere considerato come persona in quanto tale a prescindere dalla sua disabilità. Merita la possibilità di poter fare qualsiasi cosa, se messo nelle condizioni di poterlo fare. Per questo, fin da subito, siamo stati d’accordo nel non voler lasciare indietro nessuno nella gita scolastica. Questo ha comportato sicuramente un’organizzazione dettagliata e necessaria. Ma è stata una bellissima prova di inclusione sociale. Ha significato, ad esempio, pensare che nell’autobus ci dovesse essere il posto per le carrozzine dei bambini che ne utilizzano una. Ha significato fare un assessment nel luogo della gita per valutarne l’accessibilità, dagli spazi ricreativi, ai bagni. Ma ha significato anche poter garantire a tutti il diritto alla partecipazione e all’inclusione.
Tutto è stato organizzato nei minimi dettagli. Ed è stato un lavoro di squadra, di team. Questa è la lezione più grande che rimane: se ognuno si occupa di un piccolo pezzo di un puzzle, ognuno di esso si incastra alla perfezione.
Così siamo partiti, la mattina del 5 dicembre, con due bus, 40 studenti e circa 15 adulti. L’apparente noia del tragitto è stata riempita di danze e canti all’unisono, che non sono mai stati interrotti se non da una ruota bucata che ci ha costretti a fermarci per una ventina di minuti. Ma E., con la sua incantevole voce, ci ha tenuto compagnia anche in quell’occasione. Siamo arrivati a Munda Wanga, un grande parco dove si possono visitare anche gli animali. Abbiamo preso posto all’ombra di una grande albero. Seduti a terra, ci siamo sistemati per un veloce snack e poi alcune bambine e insegnanti hanno aperto le danze. Una cassa ed un microfono hanno fatto da sfondo ad una mattinata magica.
L’insegnamento più grande, ancora una volta, me l’hanno dato i bambini stessi: bambini che si aiutavano a vicenda, bambini con disabilità fisica che spingevano la sedia a rotelle di un altro bambino. Scene di perfetta inclusione.
La voglia di stare insieme. Di giocare. Di conoscere, conoscersi e scoprire. Senza guardare alla disabilità. I bambini non guardano alla disabilità. Non si chiedono che cosa essa sia quando non c’è l’influenza dell’adulto che ha la pretesa di spiegare e raccontare ogni cosa. Loro hanno semplicemente giocato insieme, come ogni bambino dovrebbe fare. Hanno teso la mano al loro compagno o alla loro compagna. Si sono sentiti parte di un gruppo e hanno fatto sentire l’altro parte di esso.
È stata una giornata magica. Sì, una giornata che ha messo in evidenza di come la magia vada ricercata davvero nelle piccole cose. Una giornata in cui la disabilità è stata davvero la quotidianità.
Ylenia Lazzarini, volontaria in Servizio Civile Universale a Lusaka
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