Articolo di Anita volontaria in servizio civile (Zambia)
Sono passati sei mesi dal mio arrivo in Zambia. La sensazione che provo dopo tutto questo tempo è molto strana.
Da una parte mi sembra che i mesi siano passati alla velocità della luce.
Dall’altra ho la sensazione che i luoghi che vivo, le vie dove passo ogni giorno, i visi che incrocio quotidianamente siano diventati qualcosa di normale, di abituale, un luogo familiare dove mi sento a casa. Quasi come se non mi ricordassi quali fossero le mie abitudini prima di arrivare qua.
La consapevolezza di essere qui da tanto tempo, però, mi viene suggerita da tante cose. Dai bambini e dalle bambine che gridano il mio nome per strada mentre vado in ufficio il mattino. Da Rebecca, di due anni con paralisi celebrale, che ora ha iniziato a camminare tenendo la mano di Naomi, la sua mamma. Da Christine, diciotto mesi che ogni venerdì viene al centro St. Daniel a fare fisioterapia.Quando l’ho conosciuta al solo vedermi si nascondeva dietro la mamma. Oggi quando la saluto il suo viso si distende in un sorriso enorme al quale manca qualche dentino. Da Armstrong, in prima elementare che viene spesso in biblioteca, il quale a maggio non sapeva scrivere il suo nome, mentre ora impugna la matita e, con molta calma, scrive lettera per lettera.
Le giornate passano e spesso mi riguardo indietro con la paura di non aver fatto abbastanza. Di non aver contribuito abbastanza. Ma quello che sto imparando qui è di godere delle piccole cose.
Perché sono le piccole cose che spesso diamo per scontato a trasformare una normale giornata in una bella giornata.
Anita Romagnoli, volontaria in Africa (servizio civile in Zambia)
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