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IL RITMO DEL TEMPO

Articolo di Sarah ex volontaria in Servizio Civile in Tanzania

 Un anno. 365 giorni. 8760 ore. 525600 minuti. 31.536.000 secondi. In qualsiasi formula tu riesca a pensarlo un anno sembra tantissimo tempo, almeno questo sembrava a me prima di partire per la Tanzania per il mio anno di servizio civile. 

Ora che l’anno è ormai giunto al termine mi guardo indietro e non riesco a capacitarmi che sia passato così velocemente e che tutto sia così vivido nella mia mente come se fosse appena successo. Spesso ho sentito parlare del fatto che il tempo e il modo in cui lo percepisci in Africa cambia, ma nella maggior parte dei casi l’ho sempre associato al concetto di lentezza, che di fatto qui è una realtà. Non esistono orari per i mezzi pubblici, puoi aspettare pochi minuti o delle ore prima di salire sul primo dala dala (minivan) che passa. Puoi impiegarci delle ore ad arrivare a pochi chilometri da casa perché le strade sono impraticabili; gli appuntamenti slittano o vengono rimandati; non esistono orari per il pranzo e per la cena, si mangia quando si ha fame, e innumerevoli altri esempi ancora.

Associando così tanto l’Africa alla lentezza non mi aspettavo che il mio tempo qui potesse passare così velocemente e mi ritrovo a pensare che ciò che contraddistingue il tempo in Tanzania non sia tanto la lentezza, ma il ritmo. Un ritmo che ti si attacca addosso senza che tu nemmeno te ne accorga, un ritmo segnato dalla luce e dal buio, il ritmo del richiamo del muezzin e delle preghiere della mattina dalla chiesa vicino casa, delle zappe che si alzano e si abbassano solcando la terra, del movimento dei ragazzi lungo le strade; il ritmo di una pentola di fagioli che bolle, del passo delle donne con in testa le fascine di legna per il fuoco, delle voci che parlano in una lingua a te sconosciuta ma che a poco a poco inizi a capire e parlare, del crepitio del fuoco, delle donne che pestano le arachidi, del cucchiaio che mescola l’ugali (alimento a base di farina di mais e acqua, piatto tipico della Tanzania), della pioggia sui tetti di lamiera, dei pianti dei bambini e delle loro risate. Un ritmo pacato ma regolare, un ritmo imperterrito che nonostante le difficoltà, la fatica e l’ingiustizia non si arresta, continua.

Alla vigilia della partenza Alessia, la nostra responsabile in Tanzania, ci ha scritto: “Kiepepo hauhesabu miaka, lakini wakati: kwa sababu hii wakati wake mfupi ni wa kutosha”, “La farfalla non conta li anni ma gli istanti: per questo il suo breve tempo le basta.”.

E mi domando se non sia proprio questo ritmo ad aver cambiato la mia percezione del tempo qui, ad averlo riempito di istanti così pieni di significato, esperienze ed emozioni che mi hanno fatto dimenticare completamente di questa strana unità di misura che normalmente usiamo per scandire le nostre vite.

Asante Tanzania yangu, tutaonana tena. Grazie mia Tanzania, a presto.

Sarah Bastianello, volontaria in servizio civile in Tanzania

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