Articolo di Anita Romagnoli – cooperante a Lusaka (Zambia)
A luglio sono tornata in Zambia dopo alcuni mesi passati in Italia. Ho ritrovato gli stessi luoghi, le stesse strade, le stesse persone. Ma arrivata a Shalom qualcosa di diverso c’era. Il silenzio. La scuola chiusa da mesi ha portato con sé una quiete che non è solito sentire qui.
Incontro qua e là qualche gruppetto di alunni e alunne delle classi di esame (solo le classi che dovranno sostenere a dicembre gli esami hanno ricominciato a venire a scuola da inizio giugno), sono seduti fuori, all’aria aperta con le loro mascherine per fare qualche lavoro di gruppo richiesto dal loro insegnante.
Il coronavirus ha cambiato anche Shalom. E forse anche Kanyama e tutto il Paese. Ma non nella stessa maniera in cui ha cambiato l’Italia e tutta l’Europa. Vivere la pandemia in Italia e poi tornare in Zambia mi ha dato la possibilità di riflettere su quanto la percezione della vita e della sua precarietà sia diversa da paese a paese e soprattutto da continente a continente. Noi cittadini europei, anche se non prontamente, ci siamo accorti della fragilità dell’essere umano di fronte a qualcosa di inaspettato com’è stata l’epidemia di coronavirus. Qui in Zambia la precarietà è qualcosa di sempre presente.
Un po’ per la poca e mala informazione, un po’ perché è solo l’ennesima complicazione di vite già complicate, il covid-19 è stato considerato dalla maggior parte della popolazione qualcosa di non così grave nè preoccupante. La pandemia ha, comunque, cambiato la vita delle persone. Prima di tutto ha portato alla chiusura delle scuole. Molti bambini e bambine, ragazzi e ragazze che vedevano nella scuola un rifugio sicuro dove passare la maggior parte della giornata, si sono ritrovati a casa, senza nulla da fare, senza nulla da imparare. I mercati si sono svuotati, non del tutto, ma l’economa informale ha visto un grosso rallentamento. La vendita di frutta e verdura e altri beni, che permetteva a molte delle famiglie di Kanyama di metter sul tavolo qualcosa di vagamente somigliante a un piatto caldo, ha subito un forte calo.
Il coronavirus per lo Zambia è stato, quindi, l’ennesima emergenza in uno stato già in emergenza. Sebbene i casi di contagio siano stati residui soprattutto se confrontati con i numeri di Europa e Americhe, le conseguenze si sono fatte sentire anche qui. Questo non può farci che riflettere su quanto ogni essere umano, ogni paese, ogni continente sia interconnesso con gli altri.
Così come in Italia, anche qui in Zambia settembre ha significato la riapertura delle scuole. Un segnale importante e positivo. Dal 21 settembre, infatti, Shalom Centre vedrà di nuovo la presenza di tutte le classi e sarà di nuovo pieno di urla di gioia e risate. E noi non vediamo l’ora.
Anita Romagnoli, cooperante in Africa (Kanyama, Zambia)
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