Articolo di Marie, volontaria in Servizio Civile Universale in Italia
Entro nella stanzetta del focal point al Neema Craft e vedo già Ali, posizionato sullo standing frame, che mi guarda ed aspetta impaziente che inizio a giocare con lui. Ali è un bambino affetto da paralisi cerebrale, con due occhi vispi e un gran bel sorriso. Prendo la palla e iniziamo a giocare, contiamo ogni tiro prima in swahili poi in inglese. Vedo lo sguardo felice ed orgoglioso della sua Bibi e questo sguardo mi riscalda il cuore.
Non posso immaginare la difficoltà di crescere un bambino disabile da sola in una società che percepisce la disabilità come qualcosa di anomalo, causato dalla colpa di qualcuno. Infatti la nascita di un bambino disabile spesso viene interpretato come un atto di stregoneria, qualcuno che ha fatto il malocchio o come una punizione per i genitori che si sono comportati male. Questo comporta che le famiglie provino un senso di colpa e di vergogna e nascondono i bambini in casa. Questo atteggiamento è anche legato alla condizione di vita della maggioranza delle persone qui. In Tanzania, come in molte altre nazioni africane, non esistono forme di assistenza sociale, perciò i figli sono investimenti per il futuro ed un figlio disabile non sarà mai d’aiuto alla famiglia. Di conseguenza i bambini vengono confinati in casa ed abbandonati al loro destino.
E nonostante tutto ciò la nonna di Ali tre volte a settimana si carica il bimbo sulla schiena e viene al focal point per fare terapia riabilitativa. Segno che forse qualcosa sta cambiando nel mondo della disabilità in Africa. Si sta diffondendo un diverso atteggiamento verso chi è portatore di un handicap, anche grazie ad iniziative, come il progetto Sambamba, che lavora con la riabilitazione a base comunitaria. Questo metodo ha come scopo il coinvolgimento di tutta la comunità, laddove lo stato non è di supporto, affinché il disabile non sia più un escluso ma parte integrante della società ed i processi di cambiamento vengano dalla comunità stessa. Inoltre rende possibile l’estensione dell’assistenza ad un maggior numero di persone disabili e permette a queste di rimanere nel loro ambiente socio-familiare facilitando così il loro reinserimento. È per questo che nei focal point del Sambamba, che si trovano in diverse zone della provincia di Iringa, i bambini vengono accompagnati dai loro genitori ed avviene un passaggio diretto di informazioni e consigli pratici da implicare poi nella vita quotidiana a casa.
Non è sempre facile e la strada è ancora lunga e difficile, ma Ali e la sua Bibi già ci camminano a passo sicuro ed io sono davvero grata di poterli accompagnare per un po’ su questa strada.
Marie Franziska Moeller volontaria in servizio civile unviversale in Tanzania
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