Abbiamo giocato alla guerra
In viaggio per il Nord Uganda
12/02/2007
L’Uganda, “la perla d’Africa”, è da sempre stato un paese popolato da diverse ed opposte etnie. La gente del sud ha conquistato il potere verso la metà degli anni ottanta grazie ad un golpe militare dell’attuale presidente, Museveni. Da allora il Nord Uganda, la terra degli Acholi, ha iniziato il suo calvario.
Il malcontento e i soprusi del governo centrale favorirono la formazione di un gruppo militare ribelle nella Acholiland, la lord resistance army (LRA). L’ideologia di fondo convinse i giovani miliziani che osservando i dieci comandamenti non si poteva essere penetrati dai proiettili e che un semplice sasso si sarebbe tramutato in bomba se lanciato da un soldato osservante i precetti biblici. La guerra classica contro il governo di Kampala durò ben poco e il leader del LRA vedendosi scemare sempre piu le fila della sua armata optò per la metodologia piu crudele e infame di arruolamento. Nel 1987 Joseph Koni, comandate capo dell’LRA, iniziò a razziare i villaggi Acholi alla ricerca di beni e frutti che sostenessero la sua folle guerra, cominciando a rapire bambini e bambine per trasformarli in feroci macchine da guerra. La tecnica era sempre la stessa: in piccoli plotoni irrompevano la notte nei villaggi uccidendo chiunque ponesse resistenza e portandosi via bambini e bambine nella fittissima foresta. Subito mostrava loro atroci uccisioni di chiunque tentasse la fuga, il primo ordine era quello di uccidere. Figli erano costretti ad uccidere i genitori e fratelli a violentare le sorelle. Col passare del tempo i giovani soldati diventavano spietati e la violenza si tramutava nel loro gioco preferito.
L’intervento del governo consistette nell’obbligare tutta la popolazione del nord ad un esodo massiccio verso punti strategici, lungo le strade principali, controllati dall’esercito regolare. La popolazione, costretta ad abbandonare i propri campi, si ammassò in campi profughi formati da capanne di fango e paglia, situate a mezzo metro l’una dall’altra.
In venti anni sono stati rapiti piu di trentacinque mila bambini e bambine. Sono state uccise piu di centomila persone. Un milione e mezzo di persone vive nei campi profughi, sopravvivendo grazie agli aiuti internazionali.
I ribelli dell’ LRA sono stati sostenuti e finanziati per dieci anni dal governo di Khartoum per combattere le milizie cattoliche del Sud Sudan.
Dall’inizio dei trattati di pace, nell’agosto del 2006, la popolazione ha ricevuto consigli, informazione e notizie contrastanti sul da farsi, tutt’ora regna uno stato di caos tra gli sfollati, i piu coraggiosi stanno ritornando verso le loro case per ricominciare una nuova vita. I gruppi vulnerabili, anziani bambini e disabili, cercano di sopravvivere mentre la loro vita dipende quotidianamente dagli aiuti umanitari.
Arrivando dal Kenya, l’accoglienza che l’Uganda riserva ai viaggiatori in bus è calda e travolgente. Dopo aver costeggiato la regione dei grandi laghi si incontra una fitta foresta piena di tunnel naturali che ricoprono la strada di un verde intenso e variegato; qui la natura è la padrona incontrastata di un paesaggio incantevole e allo stesso tempo ignoto e così forte da farti sentire impotente.
Le buche profondissime , lasciate dalla stagione piovosa, mi fanno sobbalzare fortemente in una corsa verso Kampala. Non ho tempo e voglia di fermarmi a lungo in quella che subito riconosco come la tipica megalopoli urbanizzata violentemente, dalla fine del colonialismo, tramite gli assurdi giochi di sfruttamento e potere delle multinazionali occidentali. Tutte, o quasi, le capitali africane si sono viste ingrossare le fila delle loro periferie grazie all’opera incontrastata di grandi compagnie estere che hanno comprato per pochi spiccioli le terre di contadini su tutto il territorio nazionale.
Da lungo ho seguito con passione le vicende di questo popolo sofferente e dopo una notte passata a Kampala mi aspetta un lungo viaggio verso l’Acholiland. La prima sosta è Minakulu, uno degli ultimi campi profughi sorto due anni fa a circa 40Km nord del Nilo. Terra di confine tra due etnie i Lango e gli Acholi. Nei dintorni di Minakulu i vari gruppi famigliari e i clan stanno vivendo diversamente questo periodo di pace; il ritorno nei villaggi d’origine è complicato dalla mancanza di scuole e di pozzi e gli aiuti umanitari dalla fine del conflitto stanno diminuendo sempre piu.
Coloro che tentano di tornare nei villaggi d’origine indossano vestiti stracciati e sono ridotti a scheletro, ovunque trovo bambini con i tipici capelli schiariti dalla fame e le pance gonfie di aria e vermi intestinali.
In tutte le strade i campi profughi sono brulicanti di capanne ammassate senza logica. Gli incendi hanno lasciato segni inconfondibili e mi portano alla mente le persone disperate che hanno perso la vita per dei roghi incontrollabili in una rete così fitta di tetti di paglia.
Arrivato a Gulu scopro l’altra faccia dell’Acholiland, qui la pace è piu evidente, la città sta crescendo violentemente e la notte si manifesta la ribellione di un popolo costretto per anni a coprifuochi interminabili. Prostituzione e alcolismo sono diventati la valvola di sfogo delle frustrazioni sopportate per vent’anni.
L’ultimo viaggio è nella parte piu estrema, Kitgum capoluogo del distretto a confine del Sudan.
La vista di campi profughi da oltre cento mila persone fa capire che il futuro di questo popolo resterà a lungo precario: i bambini nati e cresciuti in trappola dentro questi campi hanno il viso segnato da una alienante dipendenza dagli aiuti umanitari. Cresciuti, come bestie senza regole, senza nulla da fare se non aspettare la distribuzione alimentare.
In Africa ogni aspetto umano si manifesta nella maniera piu violenta e passionale, i colori gli odori e le sensazioni sono piu intensi, la natura stessa si esprime piu ferocemente. Purtroppo anche la guerra in Nord Uganda è stata “Africanizzata”: la guerra è la scienza della distruzione, dell’annientamento reciproco al fine della sopravvivenza; qui la guerra ha scelto un volto atroce rendendo i bambini oltre che vittime anche assassini.
In Africa c’è un detto che dice proprio così: “quando gli elefanti combattono è sempre l’erba a rimanere schiacciata”, purtroppo questa guerra si lascia dietro di se un ventennio di ingiustizie e sofferenze subite da un popolo inginocchiato e dimenticato, ma con la forza e la dignità per reagire.
Le “guerre dimenticate” esistono, e la maggior parte di esse esisterà per lungo ancora, il nostro impegno, come cittadini di un mondo ormai inconfondibilmente globale, deve portarci alla ricerca di esse perché sta nella corretta informazione la risoluzione dei conflitti; l’esempio del Nord Uganda ci fa capire che la comunità internazionale ha la possibilità di far pressioni sui governi, tramite sanzioni e blocchi commerciali, al fine di stabilire l’ordine; che i conflitti territoriali non si fermano solo con guerre preventive o invasioni militari e che sono proprio i cittadini comuni il vettore ideale per dare voce a tali “guerre dimenticate”.
Emanuele Nannini
Scaduto l’ Accordo di Cessazione delle Ostilità
01/03/2007
La sicurezza delle bambine e dei bambini del Paese è a grave rischio. Sia il Governo dell’Uganda che l’LRA (Lord’s Resistence Army) continuano a rifiutare ulteriori colloqui di pace. Al contrario, è necessario che entrambe le parti dedichino ogni energia e sforzo per trovare una soluzione pacifica.
Se il conflitto dovesse riprendere, i bambini saranno nuovamente le principali vittime, rischiando di essere uccisi, rapiti e mutilati. Oltre l’80% delle truppe del Lord’s Resistance Army è costituito da bambini, di cui 1.500 tuttora nelle mani dei gruppi combattenti, mentre si sono perse le tracce di altri 10.000 ex bambini soldato.
Se non si cercherà di prorogare l’accordo di cessazione delle ostilità dopo il 28 febbraio, più di un milione di bambini del Nord dell’Uganda si ritroveranno a vivere nuovamente nel terrore e nella violenza di un conflitto. Grazie al precedente accordo, firmato nell’agosto scorso, nel Paese sono stati fatti importanti progressi nel riportare i bambini a scuola e ricondurre a casa le famiglie sfollate, con l’aiuto di Ong come L’Africa Chiama. Tutto questo sarà vanificato se la guerra riprenderà.
La situazione è disperata e la comunità internazionale deve agire subito per impedire che più di 1 milione di bambini e le loro famiglie si ritrovino ancora a fare i conti con l’insicurezza e violenza della guerra. A nessuno può interessare una ripresa del conflitto che avrebbe effetti catastrofici sul benessere fisico e psichico dei bambini. I governi internazionali hanno il dovere di adoperarsi affinché entrambe le parti riprendano i colloqui di pace. I bambini non possono aspettare.