LA TESTIMONIANZA DI LIANA DI RITORNO DAI NOSTRI CENTRI IN KENYA E TANZANIA
Dopo due settimane trascorse in Africa, eccomi di nuovo a casa, a Montemaggiore al Metauro(PU), con quel senso di smarrimento che prende tutti quelli che rientrano nella realtà quotidiana dopo aver vissuto un’esperienza forte a contatto soprattutto di bambini e ragazzi a cui è negata una vita normale: cibo, acqua, istruzione ed assistenza sanitaria.
Le giornate trascorse con i missionari ed i volontari della Comunità di don Oreste Benzi nei quartieri più dimenticati e diseredati, tra la gente più povera, nelle città di Iringa in Tanzania e in quella di Nairobi in Kenya, hanno portato il gruppetto (Italo Nannini, Maria Teresa Fossati Presidente e Segretaria di l’AFRICA CHIAMA ed io come volontaria) a contatto diretto con tante persone che manifestano, nella loro indigente condizione, tanta voglia di vivere e tanta umanità.
A Soweto, baraccopoli nella periferia di Nairobi, dormivamo e cenavamo al Centro Sociale costruito nel 2005 da l’AFRICA CHIAMA ( tel.0721 865159) per un asilo nido che accoglie 80 bimbi e per una casa per 10 ragazzi di strada: sono chiamati “spazzatura”, con facce, età e storie diverse ma sempre tristi e violente. Anni passati sulla strada, giorno e notte, dentro i chioschi del mercato, dietro i mucchi di rifiuti, protetti da cartoni e lamiere, sotto i ponti. Sono circa centomila a Nairobi. C’è una cosa oggi che li accomuna: hanno visto il buio, ma ora sperano di farcela, con il sostegno e la solidarietà di tutti noi.
Anche fra molti anni non mi dimenticherò di loro, delle loro storie e dell’affetto che mi hanno dato in quei pochi giorni.
Robert, 15 anni, solo da pochi mesi al Centro, ha vissuto 2 anni sulla strada dopo la morte della mamma, frequentava la scuola e gli piaceva tanto studiare. Oggi va alla scuola di meccanico, un viso solare sempre aperto al sorriso, sempre pronto a dare una mano.
Josheph 19 anni, quanti anni passati sulla strada non si sa, fiero dei suoi muscoli, sempre pronto a scherzare.
Morris, con tanta voglia di imparare l’inglese e tanta passione per il ballo.
Al mattino alle 5 quando si alzano per preparasi accendono lo stereo che gli abbiamo regalato, a tutto volume. A me piace dormire, ma svegliata da quella musica e dal suono delle loro parole, in un attimo ero in piedi e anche di buon umore.
Siamo andati un giorno a far la spesa insieme e quando gli ho chiesto cosa volevano comprare le richieste sono state: lucido per scarpe, sapone, dentifricio e poi,vergognandosi un pò, un’aranciata.
E poi alla sera, tutti insieme a preparare la cena, buonissime le “chipati”, simili alla nostra piadina, preparate da loro e dovevate vederli impastare e tirare la pasta in un cerchio perfetto.
Poi cuocerle una ad una sul fuoco all’aperto, mangiarle insieme ai fagioli, anche questi cotti con il carbone.
Adesso, a casa, ripensando a loro riesco a capire quanto sia importante continuare a dare una mano per poter camminare insieme per un futuro comune. Stando con loro non ti rendi conto che sono stati ragazzi di strada, che hanno sniffato colla, che hanno subito violenza; sono ragazzi “normali” con tanta voglia di vivere. Sono dovuti crescere in fretta. La loro speranza di futuro ci fa credere che se ognuno di noi, con i propri limiti, farà qualcosa per eliminare le ingiustizie di questo mondo, non ci saranno più gli squilibri scandalosi che ci fanno arrossire e vergognare per il nostro stile di vita e per la nostra indifferenza.
Liana Iori
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