Articolo di Luca, volontario in Servizio Civile Universale Italia
Dal 26 settembre al 2 ottobre 2021 si è svolta la XXIV “Settimana africana regionale”, il suggestivo evento organizzato da L’Africa Chiama. Durante la settimana si sono alternati momenti ricreativi e di riflessione.
È stato possibile incontrare le parole di intellettuali di diversa formazione: medico-scientifica, socio-economica, artistico-letteraria; nella prospettiva di “fare comunità” in un mondo sempre più eterogeneo, che vede da un lato l’evaporazione dei confini e dall’altro la loro rivendicazione.
L’atmosfera della Settimana Africana si è diffusa a partire dalle parole in cui si condensano i progetti realizzati in Italia, nella realtà fanese, ma in particolare in Kenya, in Zambia e in Tanzania da L’Africa Chiama.
Queste sono: inclusione, alimentazione, istruzione, accoglienza, salute, sviluppo; parole incarnate nella possibilità data a molti bambini di intraprendere un percorso scolastico, nella creazione di spazi di accoglienza per ragazzi di strada e ragazze vittime di violenza, nell’offerta di un pasto nutriente a chi non riesce a procurarselo, nel sostegno alle persone con disabilità grazie al coinvolgimento di terapisti specializzati e nella possibilità per le donne di dare alla luce i propri figli in uno spazio sicuro quale il “Centro di maternità” recentemente allestito a Lusaka, in Zambia.
In questa edizione ci si è confrontati in particolare sui temi dell’identità, di cui il migrante è figura emblematica, come punto di domanda, interrogazione, umana necessità di definizione.
“Chi sono?” è la domanda da cui origina ogni processo narrativo, ogni struttura di senso, ogni tentativo di ritrovarci di fronte alla costante necessità di ridefinirci. “Chi sono?”, evocando un’esperienza che a tutti è familiare, è la domanda che il bambino pone alle persone che lo circondano, è la fame di storie, è un tentativo di collocarsi nel mondo, di trovare il proprio posto interrogando il desiderio di chi lo circonda. Quando Kojéve, rileggendo Hegel, affermava che il desiderio dell’uomo è il desiderio dell’altro, mostrava la crucialità che la domanda di riconoscimento ha per l’esistenza umana, strutturalmente ancorata all’appello all’Altro.
In questo campo esistenziale dominato dall’incertezza, tanto più intensa quanto più si delega all’altro l’operazione definitoria, intervengono i discorsi culturali e politico-istituzionali, primariamente come latori di senso attraverso la legittimazione di storie e quindi dignità alle vite che le incarnano.
Da qui l’importanza dell’accoglienza e del diritto di cittadinanza, intesi come dispositivi simbolici che garantiscono la possibilità di dare una forma narrativa alla propria esistenza e di poterla continuare a scrivere come parte della storia del mondo.
A proposito di storie generative, il 2 ottobre, nella suggestiva cornice del Bastione Sangallo è trascorsa la “Notte Nera”, l’evento conclusivo della Settimana Africana, durante la quale è stato consegnato il premio “Ho l’Africa nel Cuore” alla memoria di Luca Attanasio, l’ambasciatore italiano in Congo rimasto ucciso in un attentato a Goma, il 22 febbraio scorso, insieme al carabiniere Vittorio Iacovacci. L’ha ritirato sua moglie, Zakia Seddiki.
La “Notte Nera” è una cornice magica, il tempo sembra scorrere più lentamente, l’atmosfera sospesa risuona nella musica gospel e nel ritmo frenante del reggae, la vita si fa spazio tra i pensieri e per un attimo, nel proprio corpo vibrante, ognuno può sentire chi è, al di là di ogni definizione.
La Settimana Africana Regionale è un evento unico, un intreccio di parole e sensazioni che ci rende consapevoli di pezzi di mondo che talvolta, sbadatamente, manchiamo di scorgere.
Luca Regini, volontario in Servizio Civile Universale in Italia
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