UN MATERNO ABBRACCIO – Iringa (Tanzania), Aprile 2010
Non chiedetemi di parlare dell’Africa, perché io l’Africa proprio non l’ho capita…
Per comprenderla ci dovremmo spogliare di ogni nostro pensiero e pregiudizio, ma il passaggio richiederebbe anni e può anche capitare che una vita intera non basti.
In quei luoghi ho imparato ad apprezzare la grandezza di godere di occhi per osservare e menta attenta a non giudicare.
La mia Africa ve la posso raccontare così, attraverso il riflesso degli occhi di : Marina, Giuseppe, Justin, Fayness, Neema, Happy, Leah, Betty, Issa,Zulfa, Cheny, Zuena,Hadija, Ramadhani, Maiko, Sfefania ed Enrico, quella che per un mese è stata la mia famiglia, che mi ha accolta con un abbraccio, lo stesso abbraccio che ancora oggi, trasportata dalla mia irrefrenabile routine, avverto.
Vi posso raccontare di una giovane donna capace di diventare madre ogni giorno: attenta, dolce e severa. Da quel fittizio cordone ombelicale mi sono lasciata ammaliare, perché gesti semplici, per molti scontati, rappresentano un atto d’amore senza eguali.
“Ma” come possiamo noi, abituati a ragionare per grandi numeri, validare la semplicità se la addossiamo alla limitatezza?
Provo a pensare a tutte quelle volte che veniamo a conoscenza di una storia a lieto fine: “100 bambini tolti dalla strada!!!” , la sensazione che avvertiamo è di gioia, ma l’eco di quei 100 bambini si materializza in un unico solo volto…. un unico solo volto.
“Piccoli passi, azioni semplici” questo è il ridondante ritornello che ha accompagnato la mia vita laggiù, e come non appoggiare tale filosofia, quando hai la fortuna di condividere epidermicamente l’estasi di una creatura che, sottopeso, ingrassa di un chilo (questo è per Sfefy – casco bianco) o di un pomeriggio passato nella totale allegria di una tombolata con giovani ragazzi entusiasti ( Enrico – Casco bianco).
Non voglio utilizzare un linguaggio aulico per raccontare a tutti di questa mia esperienza, non ne darei una giusta descrizione; vorrei invece essere in grado di agire, di trovare il modo di rendermi utile, ma sono sicura che, rallentando anche solo per un istante, la frenesia di questa vita che quasi annienta la capacità di pensare, troverò il modo.
Nel frattempo, mi aggrappo a quel materno abbraccio che condivide con me gioie e dolori, aspettando di rendere il favore.
Elisa – Tanzania Aprile 2010