Per me e difficile parlare di quel mese passato a Soweto! Forse perché non sono brava con le parole, ma anche perché il mix di emozioni che ho provato durante quel breve periodo non è facilmente descrivibile.
Quando siamo arrivate io e Sara era notte fonda, e quindi non abbiamo capito niente di ciò che avevamo intorno. Solamente il giorno dopo ci siamo rese conto di dove ci trovavamo e l’impatto e stato molto forte !! Quella mattina mi sono svegliata per prima ed ho subito fatto conoscenza con i padroni di casa, e con sei fantastici bambini, che guardavano in modo strano me e la mia valigia.
Ci guardavano in modo strano anche le mamme dell’asilo nido che si trovava nel nostro stesso edificio, “sotto casa”, lo stesso “nido” che, nei giorni successivi, io Sara e Federica abbiamo ridipinto e aggiustato. Ci osservavano e incredule ci domandavano chi ci avesse insegnato a dipingere una parete o che tipo di scuola avessimo fatto, anche se per noi era davvero la prima volta! Poi restavano a guardarci ancora un po’ finché non se ne andavano con il loro prezioso fagotto sulla schiena … il proprio figlio.
Tra le baracche di Soweto ,dove andavamo spesso a fare le distribuzioni alimentari le persone si sono presto abituate a vederci e quindi erano tranquille; ma più ci allontanavamo da quel luogo, e più le persone si agitavano alla nostra vista e le espressioni di offesa nei nostri confronti aumentavano, infatti la parola MZUNGU l’abbiamo subito memorizzata, a tradurla non sembra offensiva ma posso garantire che detta da loro lo era. All’inizio ci rimanevamo molto male ma poi ci abbiamo fatto l’abitudine, e forse abbiamo capito cosa significa essere preso in giro per il colore della pelle.
Un’altra delle cose che mi hanno colpito sono state le tante contraddizioni di questa popolazione, se sei bianco o sei amato o odiato; le donne o ti deridevano o passavano del tempo a toccarti i capelli, per loro i nostri capelli sono come seta; gli uomini provano una totale indifferenza o ti chiedono di sposarli; i giovani ti prendono in giro mentre gli anziani ti salutano con grande rispetto; i bambini si spaventano o fanno a gara a chi ti sta più vicino.
Quello che però non dimenticherò mai sono le risate dei ragazzi, quando giocavano a calcio con un pallone sgonfio; quando ogni domenica i bambini di casa correvano da me per chiedermi di rivedere per la millesima volta “Il re Leone” perché erano sicuri che io li avrei accontentati; le canzoni dello zecchino d’oro che sapevano a memoria e che cantavano tutto il giorno; il loro modo di vivere giorno per giorno senza preoccuparsi del futuro ma soprattutto mi ricorderò per sempre il loro modo di ballare, in ogni occasione, con felicità e passione trasmettendo a gli altri la loro gioia di vivere.
Asante sana soweto!
Sara Scaringia – Baraccopoli di Soweto, Nairobi (Kenya)- Novembre 2011
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