Nyabula è lontana. È lontana dalla città, dalle comode strade asfaltate, dal centro Sambamba. Eppure anche a Nyabula L’Africa chiama c’è. Raggiungere Nyabula è difficile.
Bisogna percorre strade dissestate su mezzi che raccontano dei chilometri percorsi tra dossi, buche e polvere.
Ci si stringe su un bajaji (una sorta di apercar-taxi) o su un dala-dala (un piccolo pulmino) e si scende nello spiazzale della scuola di Nyabula. Lì, in una stanza focmessa a disposizione dal preside, ci si incontra per svolgere gli esercizi riabilitativi. Sono circa 15 i bambini che riescono a raggiungere il centro e che insieme alle operatrici e alle mamme passano 3 ore tra esercizi, giochi e canti.
A Nyabula incontri Mohammed che, nonostante la disabilità fisica gli impedisca di afferrare la matita correttamente, ti stupisce ogni volta con i suoi bellissimi disegni. A Nyabula ci sono anche Maria ed Evelina, due bambine con sidrome di Down che ti accolgono sempre con un lungo abbraccio. E poi Eda che ogni volta che gioca a Memory, vince sempre e Patrick che nonostante a Memory non vinca mai, non si stanca mai di giocarci!
A Nyabula c’è anche casa di Abdullah che vive con la nonna, i suoi fratelli e suoi cugini. Abdullah è affetto da paralisi cerebrale e non riesce a camminare da solo. La nonna, che deve badare anche agli altri nipoti, non può portarlo al Focal Point e così un’operatrice, dopo aver concluso il lavoro al Focal Point, va direttamente a casa sua a fare riabilitazione. Abdullah ha una tenacia e una forza di volontà invidiabili.Nonostante le sue gravi difficoltà, si impegna al massimo negli esercizi e lo fa sempre col sorriso.
Anche quando gli esercizi sono faticosi, anche quando gli esercizi sono dolorosi e nei suoi occhi spunta qualche lacrima, lui sorride. Il suo sorriso è ciò che mi porto a casa ogni volta che vado a trovarlo con la speranza che non passino troppi giorni prima che possa rivederlo di nuovo.
A Nyabula so già che lascerò un pezzo del mio cuore.
Camilla Bonfigli, volontaria in servizio civile in Tanzania