Articolo di Ilaria, volontaria in servizio civile in Italia
Quello che vedete scritto col gessetto sulla finestra è un nome. È il nome di uno dei bambini che frequenta il doposcuola dell’Africa Chiama. Abudi.
Lui si chiama Abudi ed è un uragano. Quando c’è si sente e quando non c’è si sente ancora di più. Abudi è un bambino siriano arrivato in Italia da qualche anno e si percepisce che con sé ha, oltre alla classica energia dei bambini, tante esperienze che proprio un bambino non dovrebbe vivere mai. Non si vede tanto dai suoi comportamenti. Se una persona non sapesse, non penserebbe. Penserebbe che è un bambino “normale”. Ma c’è una cosa che non mente mai, in nessun caso. Lo sguardo. E i bambini sono in grado di leggerti dentro. Io mi sento piccola, insignificante. Mi sento inerme quando Abudi mi guarda. Mi sento molto più piccola di lui, io, che sono nata nella parte che qualcuno ha deciso essere quella privilegiata del mondo. Ho sempre avuto tutto e ho sempre chiesto troppo.
Nel doposcuola dell’Africa Chiama mi ritrovo ad essere l’educatrice di Abudi e mi ritrovo ad essere educata proprio da lui. Ormai è passato un mese dall’inizio del mio servizio civile. Servizio per me non è solo un nome. È lo stile di vita che ho deciso di adottare per un intero anno e sicuramente più. E non si tratta solo di lavoro, si tratta di emozioni che investono ogni singolo momento della mia vita, quando tornando a casa mi ricordo di Abudi e mi sorride il cuore, ad esempio. E voglio prestare il mio servizio con umiltà, mettendomi in gioco, rendendomi disponibile e accogliente. Voglio essere pronta ad accogliere tutto il bello, la gioia. Ma anche pronta ad accogliere gli sguardi di quei bambini. Che vi assicuro, riescono a penetrare anche lo strato più duro. In questo primo mese mi sembra di esserci riuscita!
Ilaria Imbriani, volontaria in servizio civile in Italia