Articolo di Ilaria, volontaria in servizio civile in Italia
Vedo questo periodo storico come drammatico per l’Italia. Un’Italia di italiani manipolati e ignoranti, pieni di pregiudizi e con sempre meno tolleranza. Che se la prendono col più debole, con l’ultimo. In questo caso l’ultimo arrivato in Italia, il migrante.
Senza entrare nel merito dell’ ambiente governativo e politico, voglio solo partire dal contesto. Come quando per analizzare un letterato, si parte dal contesto storico in cui ha vissuto, per capirlo meglio. Io sto svolgendo il mio servizio civile in questo periodo storico, e non è scontato. Perché le cose si muovono lentamente e producono grandi danni senza che le masse si accorgano dell’entità di ciò che le circonda. E ci vorrebbe davvero tanto una presa di coscienza continua, un’analisi e la capacità di informarsi davvero.
Ma ciò accade solo per un’élite. E quest’élite deve pur far qualcosa. A chi spetterebbe, sennò, questo arduo compito? Nietzsche diceva che l’artista è colui che si trova ad un livello superiore rispetto agli uomini comuni. Come se lui avesse un superpotere (superuomo, per l’appunto) e potesse vedere di più, sentire di più, e quindi trasmettere agli uomini comuni ciò che essi non hanno gli strumenti per vedere. Io non credo che ci siano uomini ad un livello superiore o inferiore ad altri, però credo che alcuni uomini effettivamente hanno delle competenze importanti e rare, e che dovrebbero sentirsi in dovere di fare qualcosa.
L’Africa chiama ONLUS, ad esempio, è nata perché due persone si sentivano in dovere di aiutare gli ultimi del mondo. Ma non ultimi perché valgono di meno. Ultimi perché le logiche di potere mondiale hanno deciso così. Per questo maledetto denaro. Nell’Italia odierna anche io mi sento in dovere di fare qualcosa, che possa essere scrivere questo articolo piuttosto che tentare di risvegliare le coscienze. Ripeto, è un compito arduo, le persone non hanno voglia di appesantire i loro pensieri, rigettano i risvegliatori di coscienza, eppure è come fare giardinaggio. Piantare un seme e sperare che cresca, coltivandolo ogni giorno senza abbattersi. Il risvegliatore di coscienze è un giardiniere. Sembra assurdo, davvero assurdo, che io dia per scontato che le persone siano “razziste” ormai in Italia. Ed è assurdo che io mi stupisca del contrario. Assurdo che mi stupisca del contrario.
Quando vedo una persona tollerante nei confronti degli stranieri, io mi stupisco. Non dovrebbe essere il contrario? E questo crea tensioni, perché l’approvazione sociale, purtroppo, ci influenza. E se si fanno cose che vanno contro l’approvazione sociale ci si sente sempre un po’ sporchi, anche se non c’è il benché minimo motivo per sentirlo. Io mi sento sempre meno sporca e vedo gli altri sporchi, invece. Ma gli altri sono la maggioranza. E so che generalizzare è sbagliato, ma so anche che è proprio la generalizzazione, la numerazione del 50+1, che porta un individuo a detenere il potere decisionale per le restanti 60.000 persone, quindi decide gran parte delle nostre vite, dal momento che l’Italia è una repubblica basata sul lavoro. O no? Quindi sì, ci vorrebbe proprio un risveglio muscolare, per il cervello però.
Il 6 luglio ho avuto il piacere di partecipare come volontaria ad un evento organizzato da L’Africa Chiama a Fano, chiamato “Con l’Africa nel cuore”. Immaginatevi un anfiteatro posto a pochissimi metri dal mare. Immaginatevelo pieno di gente. Poi immaginatevi degli artisti che si esibiscono davanti al vasto pubblico. Immaginatevi un ragazzo sulla sedia a rotelle, con grossi problemi ad utilizzare gli arti, con grossi problemi ad utilizzare il linguaggio e una perenne stanchezza addosso, BALLARE. Ballare e tutti pendevano dai suoi movimenti, emozionati, con le lacrime agli occhi.
Citerei anche gli altri artisti, ma vi voglio lasciare quest’immagine. Questi sono i risvegliatori di coscienza, i risvegliatori di quelle emozioni sotterrate in qualche circuito dell’amigdala, che ad ogni costo si vuole tenere represse. Perché così è, quando si cresce. Chi lavora, come me durante quest’anno, in un’associazione che si occupa di fare cooperazione internazionale, sa che la sua mansione principale e costante sarà quella di raccogliere fondi. Anche questo è un compito arduo. A volte si sente il peso del distacco. Ma io so che quello che ho fatto in questo mese ha contribuito ad un progetto in Kenya, a Nairobi, nella baraccopoli di Soweto, dove ci sono dei bambini di strada che dormono in delle buche scavate nella dura terra sotto i ponti dell’autostrada e sniffano colla. Dei bambini. E sì, sarà egoistico come tutto quello che facciamo nella nostra vita, ma io quando torno a casa e mi faccio una doccia, lavo di dosso solo la sporcizia fisica, non quella che pesa di più. Quella della coscienza.
Ilaria Imbriani, volontaria in servizio civile in Italia