TESTIMONIANZA DI MARIO VOLONTARIO NELLO SLUM DI SOWETO (KENYA) –
Spesso ci chiediamo quale sia il senso della vita e si spera che un’esperienza di un mese in Africa aiuti a trovarlo. Al primo impatto ci si ritrova catapultati in una realtà talmente diversa dalla propria che non si riesce più a focalizzare quella possibile soluzione apparentemente vicina. Un mese. Soltanto uno nella baraccopoli di Soweto. Risucchiato da un mondo che non era il mio: il cibo, gli odori, il paesaggio, i colori, le situazioni, i sorrisi… non sono quelli di sempre e non ho impiegato parecchio tempo per capirlo. Ogni giorno una sorpresa: i bambini per primi sono quelli che ti scuotono l’anima.
Non sono semplicemente bambini, no, sono anche piccoli adulti per come riescono ad affrontare le mille difficoltà. Dispettosi, giocherelloni, non ti si staccano mai di dosso! Sembrano avere un’energia inesauribile. Sempre pronti ad aggrapparsi alle tue braccia con la speranza di dondolarsi. Non importa se le strade di Soweto siano secche per il sole o fiumi di fango dopo la pioggia: loro sono sempre li a giocare, rincorrersi, sporchi ma felici.
Non si stancano mai di chiamarti storpiando il tuo nome e se non lo conoscono te lo chiedono tutti in coro e dopo ridono divertiti nel vederti stupito e un po’confuso, dopo iniziano a tartassarti di domande chi per curiosità chi per divertimento. Indimenticabile il loro “How are you?” (“auaiù” per i più piccoli) sulla strada di Congo, campo minato di bambini e di saluti. E il loro sorriso, a volte sdentato, è davvero fantastico, è la cosa più semplice e ricca che possa esprimere il loro cuore. Non poche volte mi son sentito smarrito nel vederli sorridere.. così sfortunati e così sereni, quasi indisturbati dal mondo che li circonda. Ed io in quei momenti mi sforzavo di goderne la grande forza ma purtroppo ci sono riuscito solo gli ultimi giorni, quando ero consapevole che quei sorrisi erano troppo unici per ritrovarli nella vita di sempre.
Invaso dalle contraddizioni: situazioni diverse a pochissima distanza. Ragazzini che cercano di lavarsi nella fogna con il solito sorriso stampato sulle labbra mentre uomini passeggiano e si rilassano nel prato vicino; baracche che a stento si reggono in piedi e dietro l’angolo scorgi alcune ville. Tante donne per la strada, ragazze madri che portavano i bambini sulle spalle ma anche in grembo, che crescono i figli anche senza la presenza del marito. Lì il concetto di famiglia è relativo, molto relativo perché i problemi hanno sempre la meglio e riescono a soffocare la serenità che ci si propone di costruire. Si cade e ci si rialza, perché la forza di questo popolo è indiscutibile… ma spesso si ricade e spesso diventa davvero complicato rialzarsi. Un pentolone di emozioni e riflessioni. Un mese di piccoli e grandi interrogativi. Un ritorno in Italia con poche risposte forse, ma con qualcosa di diverso nel mio cuore che non focalizzo ancora del tutto. Un mese non basta per vivere l’Africa ma sicuramente chiarisce e non poco l’idea sul senso della vita.
Mario volontario a Soweto (Kenya) Aprile 2009
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