Informazione
I giornalisti a colloquio con Don Oreste Benzi
” Don Oreste Benzi: profeta dei nostri tempi !” è stato introdotto così Don Benzi all’incontro pubblico, tenutosi lunedì 13 dicembre a Casa Nazaret a Fano, organizzato dall’Associazione Chiama l’africa di Fano con la partecipazione della stampa locale. I giornalisti presenti all’iniziativa hanno intervistato Don Benzi senza risparmiargli nessuna domanda anche piccante, spaziando dal problema dell’aborto all’uso degli anticoncezionali. Proprio su questo tema, che ha dato il via al dibattito, Don Benzi ha dichiarato che i consultori sono ormai divenuti solo dei timbrifici. Noi – ha proseguito Don Oreste – andiamo a pregare davanti agli ospedali dove avvengono gli aborti, ad Ancona sono venuti persino i carabinieri, a loro ho detto : avete sbagliato indirizzo è la dentro (indicando l’ospedale) che ammazzano i bambini non qua ! noi siamo qui per pregare.
Raccontando poi altre vicende ha proseguito – Ero a Bologna con le ragazze di strada a un certo punto è arrivato un cliente e io – ha detto Don Oreste – mi sono messo in mezzo…. lui ha esclamato ”un prete !”, io gli ho risposto “non sono mica un concorrente” e ci siamo messi a parlare…..mi ha raccontato tutta la sua vita e i suoi problemi.
Dopo queste prime battute, non prive di ironia, si sono susseguite le domande dei giornalisti la prima delle quali ha puntato il dito sul fatto che spesso si fa tanta attenzione per gli embrioni umani ma forse troppo poca per altre vite come quelle degli immigrati spesso dimenticati e emarginati.
Non mi pare che la chiesa sia assente – Ha risposto il Sacerdote – in ogni situazione di disagio ci trovate sempre la Caritas e le associazioni cattoliche, esse sono sempre in prima linea su tutti i fronti.
Sul tema dell’ aborto in situazioni di stupro come fare ?
Una volta concepita la vita questa non è tua, non è tua nemica . Nell’ aborto abbiamo due feriti uno nell’ anima l’altro nel fisico per sempre. L’ europa è in una fase di grande decadenza perché non nutre più la parte spirituale dell’uomo.
Secondo interrogativo della stampa è stato sulla questione degli aiuti umanitari, ma arrivano a destinazione ? C’è grande corruzione – ha dichiarato Don Oreste – solo i soldi che vanno ai missionari sono soldi che sicuramente vanno a buon fine. Per questo scopo a capodanno attiveremo un sistema di sms per sostenere i progetti , abbiamo oltre 16.000 bambini orfani da sostenere. Purtroppo le grandi organizzazioni spendono molti soldi per mantenere le proprie strutture.
Il confronto con i giornalisti è proseguito poi sui temi dei ragazzi di strada che Don Oreste ha definito meravigliosi e intelligenti, essi nascono e vivono in strada. Per loro a la Paz abbiamo aperto un centro per imparare mestieri, un ristorante e una gelateria dove lavorano, ora sono 67 regolarmente pagati e riscattati dalla situazione di povertà. Anche in Tanzania abbiamo case dove accogliamo oltre 100 ragazzi ogni sera, a loro vogliamo far prendere coscienza della loro dignità. Un giorno gli ho detto andiamo a parlare con il presidente della repubblica perché diventi più buono. Abbiamo creato anche un accesso al credito agevolato.
Sul tema della famiglia poi Don Benzi ha voluto porre l’accento sul come oggi si sia persa la coscienza di popolo, coscienza di essere figli di Dio e di appartenere gli uni agli altri. Oggi si viene abbandonati a se stessi, la famiglia risente di questa mancanza. Siamo di fronte a un ”io” gigantesco e di un “noi” piccolo piccolo. Bisogna conoscere quello che la famiglia è.
I figli sono figli di tutti, sentiamoci corresponsabili gli uni gli altri, siamo corresponsabili delle violenze umane.
Dobbiamo esse in una rivoluzione permanente dove siamo un cuor solo e un’anima sola, dove si condivide e ognuno ha il necessario per vivere. La condivisione è una rivoluzione permanente.
L’incontro si è poi concluso con l’intervento del Presidente della Banca di Credito Cooperativo di Fano Dott.
Romualdo Rondina che ha presentato una nuova iniziativa a favore di l’AFRICA CHIAMA, un conto corrente a 0 spese per sostenere e finanziare tre mense scolastiche in Zambia. A tutti correntisti della BCC nel prossimo estratto conto sarà inviata una lettera per presentare l’iniziativa e inviate a sostenere il progetto, la BCC da parte sua farà la prima donazione.
Don Benzi infine, lodando l’iniziativa, ha auspicato una fattiva collaborazione con la BCC di Fano che si è resa subito disponibile a intavolare un discorso di microcredito nelle realtà sostenute dalla Comunità Papa Giovanni XXIII°.
Marco Gasparini
“Mavi”!
“Mavi”: questa parola la sentii per la prima volta circa 6 mesi fa. A quel tempo ero appena arrivato qui in Kenya e la sera, nella baracca della Comunità Papa Giovanni, si usava ritrovarsi con gli altri volontari e con le altre ragazzine che vivono in casa con noi per trascorrere un pò di tempo insieme. Una sera sfoderai le mie carte da briscola e si cominciò a pensare che gioco si potesse insegnare loro, qualcosa di divertente, ma allo stesso tempo semplice. Fummo tutti d’accordo quando la proposta cadde su quello più gentilmente chiamato “tappo”, ma molto più comunemente detto “merda”. Si cercò allora di trovare la traduzione di “merda” nel loro dialetto e alla fine ci si riuscì. Ancora oggi ci chiedono: “Giochiamo a Mavi?”. E da qui vi racconto una storia, che con le carte a che fare ben poco, ma con la mavi….sì.
Circa 2 mesi fa una coppia, Alessia e Andrea, con Italo, tutti di l’AFRICA CHIAMA di Fano, era venuta a farci visita in baraccopoli ed era rimasta molto colpita dalla realtà locale. Si chiedeva in che modo avrebbe potuto contribuire nel fare qualcosa o nel dare qualche possibilità a quella povera gente. Si guardò attorno, vide che ovunque eravamo sommersi dai rifiuti e non c’era alcuna educazione nello gettare tutto l’inutile dove si voleva. In più molti di loro restavano disoccupati tutto il giorno. Fu così che a questa coppia balenò l’idea di creare un gruppo per la pulizia e per l’educazione di questa gente, in modo che potessero vivere un pò meno sommersi da quest’ammasso di rifiuti. Dopo essersi organizzati un pò, questo progetto partì, e ancora oggi sta avendo un grande successo, sia perchè si impegnano le persone dando loro lavoro, cibo e denaro, sia perchè in questo modo si ridà loro un pò di dignità non facendoli vivere nell’immondizia.
Ieri decisi di andare a dare una mano a questo gruppo di “operatori ecologici Kenioti”, per sperimentare sulla mia pelle che significa fare qualcosa del genere. Verso le 2 del pomeriggio, sotto un sole cocente, ci si diresse verso uno dei tanti luoghi da ripulire e si cominciò. Un nauseante odore di marcio e di mavi entrò subito attraverso le mie narici e mi fece subito capire che per quel pomeriggio avrei dovuto condividere questa sensazione direttamente, come chi era li per guadagnarsi la pagnotta. Non potevo e non volevo rifugiarmi a casa dicendo “Non me la sento” o “Mi fa semplicemente schifo”. E così si comincio a raccattare: sacchetti di plastica, vetri rotti, sacchi, una mascella di maiale, un braccio di una bambola di plastica, un vasetto di colla da sniffare, tutto in mezzo ad una mare di mavi!
Ogni tanto una capretta veniva a farci compagnia, cercando qualcosa di nuovo, sotto lo strato di immondizie che avevamo appena tolto. Ci sono un sacco di cose nuove da scoprire e da degustare! Lombrichi, eserciti di formiche o di insetti da me non identificati. Mavi, mavi e ancora mavi!
Le grida “musungu, musungu, Gianpi” dei bimbi che mi riconoscono, scorgo i volti delle donne e dei vecchi che non capiscono che ci faccia un bianco a raccogliere rifiuti. Si ferma un ubriaco e cerca di attaccare bottone, in cambio di qualche moneta. Poi, felicemente alticcio, continua la discussione che si protrae per 20 minuti. “Dammi questo, dammi quello, pagami una birra, regalami un sacco di farina”. Ma in quel suo pianeta fantastico-alcolico non vuole muovere un dito per cercare lavoro. Propongo a lui di tornare l’indomani per vedere se c’è la possibilità di fargli guadagnare qualcosa, mi risponde di sì, ma probabilmente preferirà continuare ad evadere dal mondo in quella maniera anche la giornata successiva. “Attenzione c’è un serpente!” grida una donna che raccoglieva rifiuti tra la sterpaglia un pò più alta. Tutti ci si allarma, ma poi passa. Forse era un modo originale per richiamare la mia attenzione o un modo furbo per prendersi una pausa un po’ più lunga. Raccatta, raccatta, e annusa quel profumo di “lavanda” che diventa sempre più penetrante. Intanto le ore passano e la stanchezza si fa sentire in me e nelle altre persone. Le gocce di sudore scendono dalla mia fronte e vanno a cadere su quel suolo arido, nonostante l’abbondante concimatura. Con la scusa di andare a vedere dove è arrivata la carriola per portare via i rifiuti, me la svigno a casa e mi gusto ingiustamente quella doccia che molti di loro non potranno poi permettersi. Quando avranno finito il lavoro passeranno dall’abitazione (una baracca) dove vivo a ritirare un sacco di farina e uno di riso più un pò di denaro per comprarsi qualcosina. E questa è una buona paga per tre ore di lavoro in queste zone, è la stessa paga di chi per tre giorni spacca le pietre dalle 8 di mattina alle 7 di sera!
Ci sentiamo tanto buoni nel dare loro queste possibilità di guadagnarsi qualcosa…ma in che condizioni vivono? Non hanno scelte, spesso sono costretti a dei lavori poco dignitosi, che chiunque di noi rifiuterebbe a priori, ma quando bisogna dare da mangiare alla propria famiglia le cose cambiano radicalmente. Io ho scelto di condividere per un giorno questo, ma sottolineo, l’ho scelto. Per molti o tutti di loro, questo era l’unico modo per poter avere qualcosa da mangiare a fine giornata. Il ricco, ma anche il volontario possono scegliere…il povero non è libero di fare questo.
Kenya-NAIROBI-baraccopoli di Soweto, 18 Giugno ‘05
Gianpaolo (casco bianco, servizio civile volontario)
2005: Anno dell”Africa o della Retorica?
Scarica l’articolo di Nigrizia, gennaio 2005 [file .pdf,, 455 kb]
Elisabetta Garuti, coordinatrice Progetto Rainbow, ci scrive al ritorno del suo ultimo viaggio ( 25 luglio – 6 agosto 2004) in Zambia
Sono appena tornata dallo Zambia, e come al solito, in me si agitano sentimenti contrastanti. Da un lato mi colpiscono sempre il dolore e la disperazione che incontro, dall’altro mi conforta la gioia che, almeno per quello che possiamo, noi di Rainbow e voi di l’AFRICA CHIAMA, tutti noi insieme, famiglia unita di fronte al Signore, non li lasciamo soli e cerchiamo di fare del nostro meglio per questi bambini colpiti da un flagello tanto silenzioso quanto devastante.
Ho visitato i 16 Centri Nutrizionali (Northrise, Baluba, Kaloko, Kawama, ChifuboLend e Hand, Chifubo, Thindwa, Kanyala, Kabushi, Nyeneshi, Kantolomba, Pamodzi, Chimemwe, Pope John XXIII, Chipata, Kitwe, Ipusukilo, kitwe Rainbow Prudence).I bambini con le nonne, le madri vedove, spesso già ammalate, gli occhi della fame, gli occhi di coloro che aspettano un aiuto per non morire, per non scomparire nel nulla. Volti di chi non ha neanche il diritto di essere ricordato.
Vorremmo il prossimo anno aumentare lo standard qualitativo del cibo distribuito nei centri. Parlandone con gli operatori zambiani di Rainbow, e con l’aiuto della Dottoressa Cristina Fazzi, pensiamo di determinare un numero fisso di bambini per ogni centro e dare loro il massimo di contenuto calorico e proteico possibile. Non sarà facile. Molti operatori mi hanno posto questa domanda. Se il numero è fisso come facciamo a dire di no agli altri bambini che bussano alla nostra porta chiedendo aiuto? Cercheremo quindi, con l’aiuto del Signore, di fare una mediazione fra il bisogno di aumentare lo standard e la necessità di non dire di no a chi ha lo stesso diritto alla vita di tutti noi.
Ho poi visitato le 4 Case di Accoglienza (Nazareth Home, Umukolanfula, Gospel Mission, Ubumi) per bambini di strada. L’ultima volta le avevo viste il febbraio scorso, e mi sono trovata di fronte ad una spiacevole sorpresa: l’età dei bambini accolti è diminuita sensibilmente. Ho visto bambini di 4 o 5 anni trovati che dormivano al mercato, tra l’altro in una zona molto pericolosa. E come sempre da un lato mi ha preso lo sgomento, e dall’altro la gioia di vederli affidati alle cure dei responsabili delle case, di vederli cantare e ballare in nostro onore, di vederli frequentare la scuola, di vederli, insomma, ritornati alla vita.
La nuova responsabile irlandese della Nazareth e dell’UCC è molto brava. Lavora instancabilmente per reinserire i bambini nelle loro famiglie di origine e li va a cercare in strada di notte anche nelle zone più buie e pericolose. Le case sono tenute in maniera impeccabile e danno davvero ai bambini un ambiente accogliente e famigliare.
Si è poi scatenato un furioso torneo di calcio fra le varie squadre dei bambini di strada che sfidano chiunque si azzardi a mettere in discussione la loro bravura.
Vorrei tanto che poteste sentire un canto di augurio dei nostri e vostri ragazzi, che poteste guardarli negli occhi e vedere il loro sorriso. Sarebbe il migliore augurio…anzi…è il migliore augurio che vi porto da un posto che è tanto lontano, ma da parte dei ragazzi e dei bambini che ci sono così tanto vicini da scaldarci il cuore.
Grazie.
Elisabetta Garuti, coordinatrice del Progetto Rainbow
Rimini 30 Agosto 2004