Quante cose si possono assimilare in poco tempo in un posto così pieno di vita, problemi, gioie, contraddizioni, sentimenti, sapori e colori? Troppo poche, ne ho lasciate sicuramente un milione là! Ho riempito la valigia con pezzi di Africa fino quasi a farla esplodere ma niente di quello che c’è dentro basterà a farmi ricordare tutto quello che ho vissuto in pochi giorni.
Innanzitutto sono rimasta stupefatta nel vedere con i miei occhi la quantità di progetti che l’Africa Chiama sostiene nella città di Iringa e dintorni, quanti bambini hanno la possibilità di usufruire di un aiuto fondamentale per la loro vita: i pasti alle mense scolastiche, il centro ricreativo e il dormitorio per i ragazzi di strada dormitorio per i ragazzi di strada, il Centro Nutrizionale Kipepeo per i bimbi malnutriti e soprattutto i centri per bambini disabili dislocati nei vari quartieri della città e all’ospedale.
Ho passato la maggior parte del tempo in questi centri e quello che più mi ha colpita è il coinvolgimento che L’Africa Chiama vuole creare con la comunità e le famiglie. Se ancora oggi in Italia è difficile l’integrazione di persone disabili nella società, in Tanzania sembra lontana anni luce; il lavoro più grande è quello di far capire che non per forza un disabile è un peso insostenibile per la famiglia o peggio. Ma con il costante impegno nel far conoscere le possibilità e nello sviluppare le capacità dei bambini già stanno ottenendo tanti piccoli risultati. Vedere le mamme che fanno terapia ai figli, tutte insieme, con l’aiuto delle operatrici e dei terapisti è un’emozione bellissima sapendo che per loro fare questo è uno sforzo controcorrente, sia per l’opinione della società che per le difficoltà pratiche che possono essere il portare un bimbo disabile al centro di riabilitazione senza mezzi di trasporto o il sottrarre del tempo al lavoro agricolo necessario per la sopravvivenza della famiglia.
Per coordinare questo lavoro direttamente sul campo ci sono due ragazzi italiani, Alessia La Rosa e Paolo Brasili che gestiscono tutti gli operatori locali. Sono riusciti in poco tempo a farmi avere un’idea di quello che c’è da fare e che si è già fatto per dare un aiuto non effimero e momentaneo, ma per mettere delle basi su cui poi costruire un sistema autonomo dagli aiuti esterni.
Questi due ragazzi non risparmiano energie e sono costantemente impegnati nel tenere i contatti con le autorità locali e trovare strategie per coinvolgere la comunità. Seguono il percorso dei bimbi, il loro arrivo con le visite preliminari fatte dai terapisti per capire quali problemi hanno e controllano che il lavoro delle operatrici che si
occupano dei bambini sia efficiente. La mia giornata ad Iringa partiva la mattina con il pulmino del centro con il quale passavamo a prendere i bambini che non possono frequentare la scuola e andavamo tutti insieme al centro Sambamba, la sede di L’Africa Chiama in Tanzania.
Oppure andavo in uno dei centri più piccoli in qualche quartiere della città o addirittura seguivo Paolo e l’operatrice nelle visite a casa per i bambini con più difficoltà di spostamento. Stando con loro ho potuto vedere che tutte le energie di questo lavoro sono ripagate nel momento in cui un bambino idrocefalo che non riusciva quasi nemmeno a sedersi ora riesce ad alzarsi in piedi da solo. O vedere la caparbietà di una ragazza che non riesce a muovere la parte superiore del corpo ma che riesce a frequentare la scuola normalmente perché ha imparato a fare tutto con i piedi.
E raggiungere questi risultati in un ambiente dove non c’è ancora nessun tipo di aiuto per loro è più di una medaglia d’oro alle olimpiadi!
Spero di riabbracciare il prima possibile tutti i bimbi meravigliosi con cui ho giocato nel mio periodo ad Iringa, sono fantastici, in così poco tempo passato insieme mi hanno dato ugualmente tanto affetto. Sono certa che non li dimenticherò! Nel frattempo qua in Italia cercherò di raccogliere fondi per comprare loro nuove attrezzature per la fisioterapia, organizzando una cena solidale, chi è interessato può contattare direttamente me su facebook all’evento “Elisa cucina per l’Africa Chiama”, oppure alla pagina dell’associazione.
L’africa chiama terrà nelle giornate del 27/28/29 ottobre a Fano il corso di preparazione al volontariato internazionale in Africa. Consiglio di partecipare al corso non solo a chi vuole fare un’esperienza in Africa, ma soprattutto a chi è interessato a scavare più a fondo nei meccanismi che generano povertà e sottosviluppo,con racconti di chi lavora attivamente in questo campo. Chiunque sia interessato a partecipare può richiedere la scheda d’iscrizione ed il programma scrivendo a volontariato@lafricachiama.org
Elisa Tarsi volontaria ad Iringa in Tanzania
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https://www.youtube.com/watch?v=exkufG6NWs8&index=1&list=PLD90375963AB1ACF8