Ho passato a Baba-yetu un mese che, per capire un posto del genere è un periodo veramente troppo breve, ma è più che sufficiente per lasciare il segno nella tua vita.
Le mie giornate trascorrevano visitando i vari progetti che vengono portati avanti a Soweto, peraltro con un impegno e una passione che mi hanno stupita fin da subito: la Shamba, che è la casa dove vengono accolti i ragazzi di strada (al momento sono circa 20 dai sei anni in su), il centro dove stanno gli ex-ragazzi di strada (quelli, cioè, che stanno attraversando la seconda fase del loro percorso di recupero). I primi giorni mi ero un po’ estraniata, nel senso che era come se non fossi io a vivere lì in prima persona, forse perché tutto era così forte da provare che non riuscivo a razionalizzare le emozioni.
Mentre cercavo di rimanere fredda, però, già il cuore si apriva completamente a tutti loro.
Non puoi rimanere indifferente a Baba-yetu, la forza delle persone è immensa, la maturità e la durezza dei bambini ti fanno sentire una ventiquattrenne ancora in fasce, le difficoltà di ogni giorno sembrano insormontabili viste da qua ma lo stare insieme a loro la sera, ridere con i bambini, scherzare con le ragazze sotto un tetto di lamiera ti rende ricca, ricompensa ogni momento di perplessità; ti senti al mondo veramente. Io non dimenticherò mai i loro volti, le loro storie; tutto ciò che ho imparato spero di non perderlo mai.
Prima di partire non pensavo che questa esperienza mi avrebbe cambiata tanto perché in fondo conoscevo la realtà che andavo a visitare, ma quando la vivi rimetti tutto in discussione e il tuo mondo, che ti sembrava intero, diventa all’improvviso piccolo.
Marta – volontaria a Soweto (Kenya)
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